Schemi a Buffer

È un termine spesso usato e a volte abusato in molte palestre e da molti trainer.

Grosse linee alcuni concetti sono già stati accennati in precedenti articoli; oggi proveremo a vedere degli schemi a buffer ben strutturati da organizzare in progressione nelle vostre periodizzazioni.

Brevemente definiamo il buffer come la differenza tra il massimo numero di ripetizioni eseguibili con un dato carico e quante invece ne vengono fatte realmente.

Quindi il buffer è una sorta di “differenziale” tra quello che potresti fare e quello che  realmente fai.

Detto in altri termini lavorare “a buffer” vuol dire non tirare fino alla morte! E già vi sento miei cari amici e amiche body builder che siete li ad accorciare le ripetizioni con un carico che va ben oltre il vostro peso corporeo.

E’ arrivato il momento che tutti imparino un concetto fondamentale per ogni programma di allenamento ovvero: non puoi tirare tutto e sempre fino alla morte!

Programmare sedute di scarico e cicli a buffer consente davvero di migliorare! Vi evito magari la pedante spiegazione fisiologica (alla quale rimando a contattarmi privatamente per i più curiosi), diciamo in soldoni che calare i parametri allenanti per un breve periodo serve a:

  • favorire meccanismi di supercompensazione
  • evitare overtraining
  • evitare errori tecnici legati a stanchezza dei precedenti esercizi
  • evitare eccessivi doms e difficoltà nei recuperi.

Quindi anche gli strong man hanno bisogno di cicli di buffer. Chiarito questo concetto cerchiamo di meglio contestualizzare il concetto di buffer.

Prendiamo come esempio un classico schema 3×8 da palestra; ovvero 3 serie da 8 ripetizioni tirate a morte. Nella realtà riusciremo magari a farne 8 nella prima serie, 7 nella seconda e 5 o 6 nella terza. Quindi in totale eseguiamo 20 ripetizioni circa.

Ora proviamo a rivoluzione il tutto girando lo schema ovvero proviamo con un 8×3. Stesso carico, stesso esercizio con recupero fisso a 2 minuti. Alla fine porteremo a casa 24 ripetizioni con un buffer di 5 ripetizioni su ogni serie.

Capite bene come questo schema così semplice possa aiutarvi non solo a variare i vostri programmi e i vostri allenamenti ma soprattutto, a consolidare e sedimentare dettagli tecnici che sicuramente su un 3×8 vengono meno.

Inutile dire che queste cose si comprendono a pieno solo se provate con allenamenti impegnativi scanditi in cicli fasi e sotto fasi.

Il vantaggio del buffer

Il vantaggio principale di lavorare con schemi a buffer è sicuramente legato ad un maggior volume allenante. Maggior volume allenante su tutto l’allenamento e non sulla singola serie!

Questo concetto è fondamentale e vi consente di progredire con i vostri allenamenti. Immaginate una fase di stallo in cui i carichi non aumentano più, ecco che gli schemi a buffer possono venire in vostro soccorso e vi permetteranno di immettere volume di qualità nei vostri allenamenti.

Inoltre il buffer può essere un ottimo strumento nelle mani del trainer più esperto per aumentare l’efficacia allenante del suo cliente. Lavorare con una discreta intensità con serie a poche ripetizione crea sicuramente gratificazione. La gratificazione si ottiene anche per via della stanchezza centrale e periferica che il cliente proverà al termina della seduta. Per questi motivi è ragionevole pensare che gli schemi a buffer possano essere utilizzati anche per neofiti che vogliono iniziare, che hanno carenze tecniche, che vogliono spingere ma in sicurezza.

Organizzare delle progressioni strutturate su schemi a buffer consente al neofita di diventare progressivamente intermedio e consente all’avanzato di consolidare  e migliorare i risultati raggiunti.

Serve un cambiamento nei vostri allenamenti e mi affido a voi trainer con la speranza che voi possiate davvero educare i vostri clienti in maniera diversa e con diverso, intendo in modo non abituale. Il buffer non è abituale e non ha svantaggi rilevanti.

Sicuramente lo svantaggio più grande è legato al tempo per abituarsi e soprattutto per impegnarsi durante i recuperi. Infatti eseguire un 8×3 richiede molto più tempo che eseguire un 3×8 e per questo puntiamo sulla professionalità dei trainer che devono anche impegnare quel tempo di recupero. Come farlo? Lo scegliete voi; una chiacchera, un commento tecnico, una concetto interessante, scegliere voi.

Altro accorgimento è quello di non abusare degli schemi a buffer. Questi schemi vanno applicati su 2-3 esercizi per ogni seduta, mentre gli altri restano tali.

Ad ogni ciclo monitorate costantemente l’andamento del programma miei cari colleghi anche e soprattutto avvalendovi della scala RPE.

Non entriamo nei dettagli in quanto non sono oggetto di tale trattazione ma soffermiamoci a dire come questa scala possa essere molto utile, al termine di ogni seduta, per quantificare la percezione dello sforzo neurale e muscolare che il soggetto ha avuto.

Abbiamo detto come il buffer insegna la stanchezza sull’intera seduta per cui potrebbe essere molto utile inserire al termine del programma una note ove il cliente registra un numero da 0 a 10 in modo da quantificare il suo sforzo. 0 sarà ovviamente il minimo e 10 il massimo.

Vi dirò di più, ci sono alcuni di voi che sicuramente avranno da obiettare in quanto la scala RPE 0-10 adattata alla sala attrezzi è un po’ obsoleta infatti per i filosofi, vi dico che questa scala trova le sue applicazioni principalmente in sport aerobici come l’atletica ad esempio. Tuttavia, qui stiamo parlando di gente normale per cui non è un errore utilizzare la scala 0-10 ma se proprio non vi piace anche la scala 0-20 potrebbe essere molto utile.

Gli schemi e le progressioni in Buffer

Vengono ora presentati due schemi a buffer da organizzare in progressione a quanto precedentemente detto.

settimane 1 2 3 4 5 6 7 8
Volume
8 x 3
8 x 3
8 x 4
8 x 4
8 x 3
8 x 3
8 x 4
8 x 4
Carico
8 RM
8 RM
8 RM
8 RM
6 RM
6 RM
6 RM
6 RM

Schema applicabile a 2 massimo 3 esercizi per seduta con una durata minima di 8 settimane.

  • Le prime 2 settimane si consolida uno schema 8×3 a 8RM come intensità relativa.
  • 3 e 4 settimana aumenta il volume relativo di una ripetizione per serie a parità di carico.
  • 5 e 6 torniamo all’8×3 iniziale consolidato aumentando il carico a 6RM.
  • 7 e 8 uniamo i risultati ottenuti in termini di volume e intensità consolidando un 8×4 a 6RM.

Se tutto va bene il soggetto sarà sicuramente migliorato tecnicamente e avrà acquisito un ottimo volume allenante.

Non dimenticate che le due variabili principali volume e intensità sono sempre inversamente proporzionali tra di loro.

Al termine del suddetto programma proponiamo un ultimo schema a buffer di tipo Hello Word.

Il programma necessita della conoscenza del carico 6RM, per farlo ci affidiamo solo a metodi diretti. Vi diranno che esistono formule e calcoli matematici, tutto vero; ma la verità assoluta è che i massimali vanno provati quindi provate e riprovare fin quando non trovate il vostro carico 6RM.

Appreso questo concetto si parte: il programma è tarato su 12 settimane ed è applicabile come il precedente a 2-3 esercizi per sessione.

Tre fasi:

  • Accumulo: 4 settimane a carico costante pari al 65-70% 1Rm. Varia solo il volume
  • Conversione: 3 settimane a carico costante pari al 65-70% 1Rm. Variano solo le ripetizioni
  • Trasformazione: 5 settimane in cui il carico cresce e il volume decresce provando nell’ultima settimana un carico simile al massimale (90-95% 1RM) per 8 volte.

Fidatevi, è davvero impegnativo. Al passare delle settimane vi accorgerete quanto è faticoso e quanto occorra davvero impegnarsi ma vi assicuro che non è nulla di impossibile.

Provateci e fatemi sapere!

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