Le diete “popolari”

Arrivati a questo punto delle nostre trattazioni dovremmo aver capito la logica alla base di numerosissime diete e come queste debbano essere “cucite” diversamente su ognuno di noi.

Abbiamo capito che la dieta non implica solo e sempre restrizione ma anzi deve rappresentare l’opportunità per cambiare le abitudini quotidiane.

La dieta deve essere dunque sostenibile e adattabile!

Nell’articolo odierno esamineremo altre tipologie di diete in modo da fornirvi un quadro pressoché completo di tutte quelle che potrebbero essere le strategie alimentari.

Ovviamente sarà compito di un dietologo o di un nutrizionista quello di trovare il percorso più giusto ed adattarlo alle caratteristiche di ogni cliente.

La dieta mediterranea

Ne avrete sicuramente sentito largamente parlare e abbiamo accennato qualcosa anche negli articoli precedenti.

La diete mediterranee possono essere considerate un patrimonio dell’umanità. Essa è definita in ricerca come la dieta migliore al modo.

La dieta mediterranea è così suddivisa:

  • Glucidi: 50-60%
  • Proteine 15-20%
  • Lipidi: 25-30%
  • Grassi: saturi meno del 10%, monoinsaturi 10%, polinsaturi meno del 10%
  • Fibre: 20g/1000kcal
  • Colesterolo: meno di 300 mg/die
  • Saccarosio: meno di 30 g/die

In regimi normocalorica una tale ripartizione dei macro consente un’ottima affinità col glucosio.

Le proteine e i grassi sono tenuti bassi per permettere alle cellule di sfruttare il metabolismo glucidico. Il normale flusso di glucosio nelle cellule da modo a quest’ultime di limitare la proteolisi essendoci sempre glucosio disponibile.

Tutto ciò si traduce in un’assunzione minima di proteine e grassi in modo da ottenere energia “pulita” fornita dal glucosio senza affaticare biochimicamente l’organismo (infatti non ci saranno prodotti di scarto).

Il 25% di grassi permette un assorbimento ottimale delle vitamine liposolubili e non limita il metabolismo degli ormoni steroidei. Quelli monoinsaturi aiutano a regolarizzare i livelli di colesterolo. La quota di colesterolo esogeno è così basso. L’introduzione di fibre riduce le LDL migliorando sensibilmente i parametri ematici.

La quota glucidica va modulata in base al tipo di giornata che siamo chiamati ad affrontare. L’allenamento influenzerà in maniera diretta i glucidi assunti quotidianamente.

In sostanza parliamo di un’ottima dieta, per chi vuole star bene!

Tuttavia bisogna saperla “cucire” su ogni persona. In ricerca ci sono diversi casi di soggetti con i quali la dieta mediterranea non ha funzionato e la ragione e quasi sempre da ricercare nei glucidi. Spesso le fonti glucidiche non sono adeguatamente “sane”; spesso preferiamo i carboidrati della pizza piuttosto che quelli di un alimento integratale. Per questi soggetti è fondamentale assumere glucidi a medio-bassa densità energetica.

Un altro aspetto che spesso manda a rotoli non solo la dieta mediterranea ma in generale molte diete è quello relativo alla ripartizione dei pasti. Badate bene a non arrivare a cena o a pranzo affamati perché così facendo si rischia di assumere più nutrienti di quanto realmente ne avremmo bisogno.

Per questi aspetti sarà fondamentale una giusta ripartizione dei macro e dei micro da parte del vostro nutrizionista.

La dieta a Zona

È tra le diete forse leggermente meno popolari e un po’ “fuori moda” ma condivide principi e teorie simili a quella mediterranea.

Carboidrati frazionati al 40% dell’introito giornaliero, grassi 30% e proteine 30%.

Il rapporto tra proteine e carbo è dello 0,75% (3g di proteine ogni 4g di glucidi).

Un altro aspetto rilevante nella dieta a zona è quello relativo ai grassi polinsaturi (Omega-3) e sulla loro azione positiva per il nostro organismo. Infatti il 30% dei grassi giornalieri dovrebbero prevedere un’assunzione notevole di omega 3.

Un’altra particolarità della dieta a zona è l’introduzione di altri 2-3 pasti rispetto a quelli canonici.

La ragione è da ricercare in due diversi punti:

  • Miglior controllo glicemico ed insulinico
  • L’assunzione dei tre macronutrienti contemporaneamente secondo la dieta a zona non permette un assorbimento ideale degli stessi.

Per queste ragioni suddividere i macro su 5-6 pasti al giorno consente di ripartire equamente il contribuito energetico degli stessi, favorendo un assorbimento ideale.

La maggior quota proteica rispetto alla dieta mediterranea consente di sedimentari i guadagni di massa muscolare ottenuti durante i cicli di allenamento (poiché le proteine contribuiscono notevolmente ai processi di ipertrofia e iperplasia). Per questa ragione sarebbe ipotizzabile l’utilizzo di questa dieta principalmente in soggetti durante i famosi periodi “di massa”.

Gli svantaggi principali di questa tipologia di dieta sono da ricercare della poca flessibilità della stessa. Inoltre è difficile renderla adattabile alla vita del cliente; immaginate di dovervi portar dietro sempre del cibo (cosa impensabile per un lavoratore che esce di casa all’alba e torna al tramonto).

Inoltre se non ti tiene conto attentamente delle calorie assunte e del bilancio energetico si rischia di ingrassare, soprattutto in termini di massa grassa. Infatti un eccesso di carboidrati “non spendibili” contribuirà alla formazione di adipe.

La dieta a Zona è un’ottima soluzione per chi riesce ad essere ferreo sui pasti o per chi magari è da sempre abituato a gestirsi in questo modo.

Altresì trova poco riscontro pratico nella società moderna.

Digiuno intermittente

E qui parliamo di una strategia alimentare molto particolare di cui abbiamo già fatto menzione in precedenti elaborati. Partiamo subito col dire che questo tipo di dieta non può in nessun modo essere utilizzata sempre!

Il consiglio di base resta sempre quello di ciclizzate le vostre diete alternando periodi di cut a periodi di bulk a periodi di risalite in normocalorica. Per far questo è fondamentare l’ausilio di persone competenti e qualificate in materia.

Alla base del digiuno intermittente c’è il concetto di digiuno visto come una forma per migliorare l’efficienza metabolica.

Dalla ricerca scientifica possiamo affermare coma la forma più interessante di digiuno intermittente è quella 18:6 (18 ore di digiuno e 6 ore di iperalimentazione).

Così facendo la carenza glicemica porterà ad un amento di alcuni enzimi tra cui l’AMPK migliorando così la sensibilità insulinica e l’ossidazione lipidica.

La logica alla base di questa dieta è quella di permettere al nostro organismo di sfruttare davvero le scorte energetiche. Viviamo nell’epoca del consumismo e questo si riflette anche a tavola. Il cibo è facilmente reperibile e non è facile privarsi di un qualcosa così comune.

Il digiuno cambia le regole del nostro corpo portandoci ad utilizzare fonti energetiche che il nostro corpo fa molta fatica a catabolizzare.

Durante il digiuno l’azione degli ormoni iperglicemici permette di mettere in modo diverse reazioni biochimiche come ad esempio la gluconeogenesi. Termite tutte le scorte di glicogeno possibili da utilizzare si attinge ai grassi che verranno digeriti nei processi di B-ossidazione.

Se siete alla ricerca di uno stile alimentare in cui non dovete tener conto delle calorie e potete mangiare come volete questa potrebbe essere la dieta che fa per voi.

Questo stile alimentare si addice perfettamente a chi lavora molto durante il giorno e non tempo di fermarsi per mangiare.

Tuttavia anche questa dieta ha dei difetti notevoli. Sussistono molti casi di persone che iniziando questa dieta registrano una riduzione della massa magra inoltre la liberazione di acidi grassi nel lungo periodo può peggiorare la sensibilità insulinica.

Quindi questa dieta funziona nel medio-breve periodo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *