Allenare la mente

“Mens sana in corpore sano”

Il poeta latino Decimo Giunio Giovenale, nel suo libro Saturae (127 D.C.), avevo chiaro un concetto fondamentale, oggi ancora poco conosciuto o poco considerato, ove un corpo senza una mente sana e in buona salute non è nulla!

L’obiettivo di questo articolo è cercare di far comprendere a tutti voi piloti quanto sia importante allenare non solo il fisico ma anche la mente.

Creare un connubio perfetto tra mente e corpo è la chiave per andar forte sia su una MotoGp che su una stradale. È incredibile come i nostri pensieri e soprattutto le nostre paure possano condizionare le nostre scelte e come queste a loro volta possano influenzare le nostre performance di guida.

Lo sport agonistico può spesso concorrere allo sviluppo di una cattiva salute mentale. Tempi di separazione prolungati dalla famiglia, conseguenze emotive negative a seguito di lesioni ed infortuni, preoccupazione e pressione dei media (i quali saranno spesso critici nei confronti dei piloti sia in caso di vittoria ma specialmente in caso di fallimento) e problemi di relazione interpersonale tra i membri dello staff risultano essere fattori che possono concorrere allo sviluppo di una cattiva salute mentale per un pilota.

Molti atleti agonisti, sono sempre in prima pagina, non possono permettersi di sbagliare, spesso non riescono a vivere una vita privata soddisfacente e, a tutto ciò, può aggiungersi un fallimento momentaneo, una sconfitta contro un rivale storico etc; tutti fattori che possono portare a problematiche di vario genere.

Tali problematiche possono aggravarsi; nonostante l’accesso a informazioni e consigli pertinenti, molti atleti non cercano aiuto poiché si percepisce che gli svantaggi di farlo superano i benefici. Gli svantaggi principali possiamo schematizzarli in questo modo:

  • perdita di tempo,
  • l’essere percepiti come mentalmente deboli,
  • la paura della divulgazione mediatica può danneggiare i loro piani di carriera atletica.

Negli ultimi anni, questi concetti hanno inondato anche il mondo del motociclismo professionistico.

Ad oggi, molti piloti di MotoGp asseriscono di trovare beneficio attraverso pratiche di allenamento per la salute mentale finalizzate soprattutto alla consapevolezza del sé.

I modelli basati sulla consapevolezza e sull’accettazione suggeriscono che una prestazione ottimale in realtà, non richiede il controllo volontario degli stati interni e invece promuove: piena consapevolezza e accettazione non giudicante del proprio stato interno; focalizzare l’attenzione sul compito (invece di cercare / concentrarsi sui processi interni) con l’idea che questo richieda controllo e modulazione dell’emozioni, attraverso un impegno personale costante guidato da comportamenti al servizio dei propri “desideri” atletici.

Gestione delle emozioni, modulare il traffico delle sensazioni, dirigere l’attenzione su ciò che è necessario, sono alcuni dei benefici che i piloti possono sperimentare attraverso pratiche di allenamento mentale.

Questi concetti possono sembrare molto astratti ma al contrario rappresentano una parte importante nel programma di allenamento di un pilota diverso, di un pilota che vuole fare la differenza, che vuole farsi notare ma soprattutto, che vuole migliorare sempre di più.

Il mental coach

Raggiungere un pieno stato di consapevolezza personale inteso come “momento per momento non giudicante” permettere a pensieri, emozioni e altre sensazioni interne di emergere senza lottare o sperimentare la necessità di cambiarli.

L’autoregolazione dell’attenzione, che si sviluppa all’interno della pratica sistematica dell’esercizio meditativo, sembra permettere una migliore capacità di dirigere l’attenzione verso stimoli ottimali.

Questi e altri obiettivi rappresentano il campo di lavoro quotidiano del mental coach. Il suo lavoro parte proprio dalla guida in pista attraverso un’analisi momento per momento, di come si compone la performance dell’atleta.

Spesso un pilota di talento con una moto performante non rende al meglio delle sue potenzialità per via di un blocco emotivo, il quale non gli consente di assumere i corretti automatismi che, la guida di una moto comporta necessariamente.

Spesso il passato, gioca un ruolo fondamentale sul presente. Esperienze negative su quella pista, una difficoltà apparentemente immotivata nelle curve a destra, lo stesso avversario che l’anno precedente aveva trionfato col miglior giro in assoluto o un grave incidente su quel tracciato che ha costretto il pilota ad un lungo riposo forzato, possono essere tutti plausibili fattori che possono determinare un blocco emotivo invalidante.

Questi e altri aspetti saranno oggetto e soggetto di analisi preliminare da parte del mental coach che cercherà di rielaborarli e di creare un programma mentale idoneo a superare i suoi limiti. Sarà molto importante per il mental coach scavare nel passato del pilota analizzando i suoi punti deboli per creare un percorso tale per superarli.

Il noto psicologo Wilde afferma come la nostra esperienza passata con situazioni rischiose, determini la nostra valutazione dei rischi potenziali futuri. In quanto tale, ogni volta che sopravviviamo a una situazione di rischio, aumentiamo il nostro livello di rischio obiettivo.

In uno sport dove i rischi sono innumerevoli, connessi a fattori di ogni genere, sarà molto importante focalizzare l’allenamento mentale sul passato (cioè sul vissuto), al fine di trarne il meglio, per adattarlo al presente con consapevolezza e padronanza emotiva.

Possiamo affermare come l’obiettivo ultimo di un percorso mental coaching possa essere quello di riuscire a capitalizzare, rendendo “abilità” qualcosa che fino a poco prima era solo una “capacità”.

Coach a lavoro!

Il coaching si articola su diverse teorie e si basa principalmente sui principi teorici sottostanti alla psicologia positiva, e all’indagine di apprezzamento.

Alla base c’è la necessità di sviluppare interventi mirati per le necessità dell’atleta.

Il lavoro del coach, si orienta in collaborazione e partnership con il suo staff, col fine di evocare negli atleti ciò che loro considerano il modo migliore di riscoprire o ricostruire un’identità più resiliente, basata sulla loro esperienza vissuta.

Al centro del coaching c’è il rapporto tra coach e atleta che è un rapporto di uguaglianza ed empatia e ciò, funge da base per lo sviluppo di un ambiente sicuro per l’atleta. Stabilito un legame quasi di amicizia tra i due, sarà compito del coach e del suo staff fissare gli obiettivi. Un obiettivo deve essere “ben formato” deve rispondere ad almeno cinque caratteristiche che compongono l’acronimo SMART ovvero:

  • specifico,
  • misurabile,
  • attivante,
  • raggiungibile,
  • temporizzato

L’azione di coaching si orienta nel tentativo di far emergere le risorse latenti del pilota, a patto che siano già presenti (in caso contrario sarà compito del counselor e dello psicoterapeuta intervenire adeguatamente). Solitamente i piloti lavorano con il mental coach tutto l’anno, motivo per cui è importante che vi sia un’attenta cooperazione tra tutte le figure professionali che ruotano attorno al pilota.

Non di raro il lavoro del coach viene percepito dal preparatore tecnico o dagli ingegneri della scuderia come un’ostruzione alla loro attività; ciò accade soprattutto nelle categorie inferiori e per fortuna molto meno in MotoGp e SBK, ove negli ultimi anni l’allenamento mentale sta crescendo in maniera esponenziale.

La gara rappresenterà l’apice di una complessità di fattori insiti in essa.  Per fare una buona gara il pilota necessita senza dubbi di:

  1. un’adeguata integrazione idrosalina (di cui parleremo in futuri articoli),
  2. un importante e attenta gestione delle emozioni, soprattutto dell’ansia nelle sue varie sfaccettature;
  3. inoltre è importante che sia in grado di discernere le informazioni utili da quelle che non lo sono (comprensione della realtà prossimale e distale e capacità di filtrare le varie realtà).

Un pilota in grado di gestire al meglio queste tre aree sarà un pilota vincente.

I 7 aspetti di lavoro per un coach

I motivi per cui è corretto lavorare sull’area del mentale per un pilota sono tanti, molti di questi sono stati enucleati nel corso del paragrafo precedente; tuttavia cerchiamo di restringere il tutto a sette motivi principali:

  1. Gestione delle emozioni: soprattutto in fase competitiva è importante che il pilota sia totalmente padrone delle sue emozioni. L’aumento dei parametri fisiologici durante una gara determina una maggior secrezione di catecolamine, serotonina e dopamina che possono indurre uno stato di ansia e agitazione. A queste possono aggiungersi orgoglio, umiliazione, rabbia e paura che non mancheranno nel pilota e che possono minare la sua performance. Imparare a gestirle attraverso tecniche di rilassamento mentale, attività drenanti (come ad esempio lo yoga), tecniche di ipnosi possono essere valide soluzioni per gestire al meglio le varie emozioni.
  2. Comprensione del limite: accettazione di non andare oltre oppure la decisione ponderata di cercare di superare un limite. È bene che il pilota conosca le conseguenze delle sue azioni e possa decidere anzitempo quale decisione sia la migliore, in quel dato contesto
  3. Visualizzazione: conoscere la pista e rivivere le sensazioni che si hanno durante la guida. Attraverso i simulatori è possibile visualizzare i punti della pista in cui il pilota è più carente consentendogli di ripetere la stessa azione (alla stessa curva dove magari sbaglia da anni), cercando di perfezionarle il più possibile. Visualizzare serve anche per rivivere il ricordo (magari quello della caduta) cercando di superarlo, sbiadirlo e cancellarlo in modo da evitare scorie nel momento in cui questi andrà in pista.
  4. Concentrazione: dopo oltre 25 giri, sulle stesse traiettorie, con gli stessi spazi di frenata un calo della concentrazione potrebbe essere un problema, specie nel momento finale della gara in cui si chiede al pilota l’ultimo sprint. Ci sono anche momenti in cui il pilota durante la gara è chiamato ad accettare la rottura di uno schema consolidato (ad esempio non riesce ad eseguire le sue solite traiettorie) ed essere flessibile ai cambiamenti, come accade ad esempio all’inizio della gara, quando c’è tanta confusione e ogni pilota cerca di accaparrarsi la migliore posizione già dalla prima curva. Lavorare sulla concentrazione attraverso tecniche di meditazione e rilassamento spirituale, consente al pilota una padronanza totale della propria mente che gli permetterà di gestire al meglio la fatica indotta dalla prestazione.
  5. Migliorare la sensibilità di guida: per questo aspetto lavoriamo sulla propriocezione e sulla capacità di attivare i recettori sensoriali presenti nel nostro corpo. Le sedute di allenamento propriocettivo possono aiutarlo a: familiarizzare meglio con la moto, dissipare al meglio le forze, rendere il gesto motorio il più economico possibile, raggiungendo un senso di padronanza ottimale di sé stesso e del mezzo tecnico.
  6. Gestione del dolore: un pilota non rinuncerà mai a correre almeno che questi non sia in condizioni davvero impossibili; ecco perché è importante che questi atleti sappiano gestire il dolore durante la gara. Con l’allenamento mentale si può imparare a gestire il dolore, focalizzando l’attenzione sui punti di forza del fisico del pilota, rallentando gli stimoli di dolore che questi comunque avvertirà durante la gara.
  7. Psicologia con gli avversari: imparare a gestire i media, imparare a gestire le interviste. Nel corso degli anni abbiamo avuto innumerevoli esempi di piloti che si presentano in conferenza stampa comportandosi quasi come degli attori, primo tra tutti Valentino Rossi. La scelta comunicativa, il lessico, il tono di voce, la scelta dei comportamenti e dei contenuti della comunicazione possono fare la differenza, così come accadde nel mondiale MotoGp 2015.

Conclusione

Mi rendo conto che in questo articolo abbiamo toccato un tema molto molto complesso.

Il tema dell’allenamento mentale negli ultimi anni sta trovando via via sempre più spazio anche nel mondo del fitness ludico-amatoriale. Non è ancora ben chiaro come svilupparlo o integrarlo all’interno di una routine allenante ma è sicuramente una realtà.

Nel motor sport l’allenamento mentale esiste da anni, solo che non tutti ne parlano, anzi non ne parla nessuno. L’allenamento mentale è un segreto di ogni pilota e del suo team, che tende a costudire più o meno gelosamente.

In questo articolo abbiamo cercando di aprire parzialmente il vaso di pandora fornendo utili spunti per meglio comprendere di cosa si occupa un mental coach e quindi sul perché ne vale la pena spendere i vostri soldi per un allenatore della mente.

Ovviamente l’articolo è maggiormente rivolto a quei piloti un po’ più intraprendenti che non si fermano solo all’analisi della telemetria o di qualche esercizietto in palestra visto su YouTube, ma che vogliono realmente migliorare nella loro categoria e ambire a risultati importanti.

La lettura di questi concetti può essere utile a chiunque abbia voglia di mettersi in gioco con un mental coach, chiunque senta un blocco emotivo durante i propri allenamenti e non sa come superarlo. Vi assicuro che affidarvi ad un mental coach è la scelta corretta.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

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