I problemi fisici di un pilota di velocità (parte 2)

Ad oggi, la sindrome compartimentale cronica dell’avambraccio è tra le problematiche più rilevanti nel mondo del motociclismo sportivo e non.

La “sindrome compartimentale cronica da sforzo” (SCCS) dell’avambraccio è una condizione clinica poco frequente, ma ben nota in pazienti che svolgono attività con carico isometrico reiterato nel tempo a carico di polso/avambraccio durante una presa. Per un pilota manovrare i semi-manubri (sterzo e controsterzo), contrastare le sollecitazioni inerziali (accelerazioni e decelerazioni), uso frequente delle leve di freno e frizione e una tuta protettiva aderente lo espone a stress importanti sugli arti superiori. Tali stress generano progressivamente una tensione notevole specialmente a carico dell’avambraccio. Tuttavia non tutti i piloti vengono colpiti da tale patologia e tra i pochi ad essere stati sempre esenti da tale problematica spicca il nome proprio di Valentino Rossi.

Qualche anno fa il dottore dichiarava pubblicamente:

«Non ho mai avuto un problema del genere, perché penso di aver sempre lavorato bene per evitarlo. Cosa si deve fare per evitarlo? È semplice, bisogna lasciar rilassare i muscoli. Ma è anche molto importante il modo in cui si guida la moto. Io guido più dolcemente e risparmiando più energie rispetto alla maggior parte dei miei rivali in pista. Cerco di evitare di stressare troppo il fisico con il mio modo di guidare, così non ho mai avuto problemi con la sindrome compartimentale».

Al contrario il celebre pilota Dani Pedrosa dopo l’ennesima operazione all’avambraccio affermava:

«… questo dipende dalla gravità del problema. Alcuni lo sentono solo in gara. Ho avuto questo problema ogni volta che oscillavo sulla moto. L’ho avuto in allenamento, durante le gare ma anche di notte avevo un grande dolore. Dopo che i muscoli sono stati stressati così in gara, ho capito che non dovevo più abusare del mio corpo. Ho sofferto molto. Questo si diffonde allo status mentale. Fisicamente è difficile, perché non è più possibile controllare la tua mano ma mentalmente è ancora peggio».

In tempi più recenti emblematico è il caso di Fabio Quartararo. Durante il Gp di Spagna del 2021 dopo un intero weekend senza apparenti problemi fisici è praticamente crollato a metà gara a causa di un improvviso dolore. Poche ore dopo il pilota francese si è sottoposto ad un intervento chirurgico per colpa della SCCS o come dicono gli inglesi “arm pump” (indurimento degli avambracci).

La lista di pilota che soffrono o hanno sofferto di tale patologia è lunghissima, ragion per cui tale articolo non ha pretesa di esaustività, ma vi aiuterà a comprendere meglio il problema cercando possibili soluzioni per prevenirlo.

La sindrome compartimentale cronica dell'avambraccio

Volgarmente nota come sindrome da “pompa del braccio”, è una patologia rara che colpisce principalmente i motociclisti e in misura inferiore si sono riscontrati alcuni casi in altri sport come: ginnastica artistica, arrampicata, sci nautico e kayak. Nei piloti si manifesta con dolore locale progressivo nella regione dell’avambraccio, specialmente nel destro poiché come detto, la forza di presa delle mani è stata riportata essere maggiore per l’arto destro rispetto al sinistro.

I sintomi che spesso lamentano i piloti sono ascrivibili a: tensione muscolare, perdita di forza e mancanza di controllo della presa dei semi-manubri. In condizioni patologiche il dolore locale può comparire da 2 a 20 minuti di guida.

La diagnosi di tale patologia la si esegue attraverso il test della pressione idrostatica intra compartimentale (manometria ad ago), prima e dopo l’esercizio. Il test della manometria ad ago consiste nell’introdurre un ago nell’avambraccio e misurare la differenza di pressione a riposo e quella dopo il lavoro muscolare. Ad oggi esiste un accordo tra la comunità scientifica, la quale condivide le variabili diagnostiche definite da Pedowitz, che sono: pressione a riposo maggiore a 15 mmHg e/o 30 mmHg a 1 minuto dopo l’esercizio e/o 20 mmHg a 5 minuti dopo l’esercizio. Questo test possiamo considerarlo un test gold standard di riferimento e ci fermiamo qui, senza entrare in pedanti dettagli medici.

L'eziopatogenesi dell'SCCS

Per meglio comprendere di cosa stiamo parlando cerchiamo di descrivere molto brevemente la regione anatomica dell’avambraccio.

Applicando un’estrema semplificazione possiamo definire la regione dell’avambraccio suddivisa in quattro compartimenti: volare, dorsale, superficiale e profondo. Tuttavia alcuni autori tra cui Burkhart e colleghi descrivono fino a dieci compartimenti separati l’uno dall’altro ma allineati mediante interconnessioni. La membrana interossea del radio e dell’ulna divide l’avambraccio nei compartimenti volare e dorsale.

Il comparto profondo del volare (suddiviso in superficiale e profondo, separati dalla spessa aponeurosi del flessore superficiale delle dita), è più suscettibile a lesioni ischemiche e compressive, a causa dei limiti fasciali che impediscono l’espansione della pancia muscolare durante la lesione. È proprio il compartimento volare dell’avambraccio la sede principale di SCCS per i motociclisti.

Da studi clinici si è evidenziata come la pressione a riposo nell’avambraccio di un adulto è stata riportata fino a 8 mmHg.

La fascia tissutale è avascolare e poco elastica, pertanto è resistente allo stiramento acuto ed è in grado di ospitare in uno spazio fisso i muscoli dell’avambraccio (flessori ed estensori). Aumentando la pressione, in seguito a sovraccarico, aumenta la pressione venosa che si traduce in una riduzione del gradiente artero-venoso. L’aumento di pressione venosa determina maggiore perfusione del liquido interstiziale, riducendo la perfusione dei tessuti. Il risultato sarà una sorta di edema tissutale che può regredire solo attraverso decompressione del compartimento. Quanto finora descritto è ciò che accade nelle sindromi compartimentali post-traumatiche mentre, nell’SCCS l’aumento del volume muscolare comporta ischemia delle arteriole senza perdita delle pulsazioni arteriose, determinando contrattura dolorosa, che provoca perdita progressiva della forza e impossibilità nella guida.

Tuttavia l’SCCS se non adeguatamente trattata può evolvere in sindrome compartimentale post-traumatica. Spesso tale patologia può presentarsi in diagnosi differenziale con la sindrome del tunnel carpale, sindrome del pronatore rotondo e compressione del fascio vascolo-nervoso subclavicolare. Per escludere la presenza di patologie concomitanti è possibile eseguire: EMG (esclude sindromi canalicolari) e RMN (esclude compressioni radicolari a livello cervicale), radiografie e ecografie.

Capisco che la lettura di questo paragrafo sia stata per alcuni alquanto complessa al limite del pedante, tuttavia si è cercato di ridurre ai minimi termini e con un linguaggio il quanto più semplice possibile un problema medico molto molto complesso. Per qualsiasi chiarimento, dubbio o curiosità vi invito a lasciare un commento o a contattarmi privatamente.

Il trattamento per la sindrome compartimentale

Arriviamo così alla parte più importante di tutto l’elaborato. Abbiamo compreso a grosse linee cos’è l’SCCS cerchiamo ora di meglio comprendere un possibile trattamento per tale problematica.

Negli stadi precoci della patologia è possibile seguire un trattamento conservativo ma, se il dolore dovesse persistere o aumentare bisognerà intervenire chirurgicamente. Ad ogni modo è sempre bene proporre il trattamento conservativo come prima linea di intervento. Infatti è stato dimostrato come il trattamento conservativo abbia buoni risultati nel 50-80% dei motociclisti. Il protocollo d’intervento prevede due parti: una centrata sulla moto l’altra sul pilota.

  • Le modifiche apportate alla moto si pongono come obiettivo quello di meglio distribuire la forza muscolare del pilota nelle diverse parti corporee. Così facendo, si previene l’aumento della pressione muscolare intra compartimentale, che è senza dubbio la causa scatenante di SCCS. Il set-up inizia dalla configurazione del manubrio, solitamente con semi-manubri più “aperti”. Dopo si andranno ad adeguare progressivamente le manopole alle dimensioni della mano del pilota e così la distanza delle leve di freno e frizione. La resistenza che tali leve deve offrire non deve essere eccessiva; anche se ad oggi il problema è maggiormente determinato dal freno anteriore (e spesso determina un maggior tasso d’incidenza sull’avambraccio destro). Ciò poiché in MotoGp ad esempio il progresso tecnologico ha permesso la creazione di moto in cui la leva di frizione “semi-automatica” viene usata pochissimo dai piloti. In ultima analisi potrebbe essere utile utilizzare tute più larghe con guanti più traspiranti costruiti con pelli più elastiche e meno oppressive.

 Ovviamente quanto fin qui detto va testato provato e adattato alle esigenze e all’antropometria del pilota.

  • Attraverso il trattamento conservativo, si cercherà di migliorare alcuni distretti muscolari del pilota, in modo da consentirgli una corretta distribuzione delle sollecitazioni durante la guida. Incrementare la resistenza degli arti inferiori e solo dopo di quelli superiori, migliorare la “core stability”, sono solo alcuni aspetti fisici su cui si focalizzerà il trattamento. Attraverso un idoneo allenamento di resistenza, da programmare nel macrociclo, si incrementerà la vascolarizzazione muscolare mantenendo una più bassa pressione interna all’avambraccio. Inoltre, inserendo nel programma esercizi propriocettivi si tenterà di incrementare il controllo del mezzo, diminuendo lo sforzo che il pilota dovrà impiegare per governarlo. Attraverso stretching e tecniche di allungamento PNF (facilitazione propriocettiva neuromuscolare), si riuscirà a promuovere un maggior aumento di forza e resistenza nel comparto dell’avambraccio evitando guadagni nella sezione trasversa muscolare (ipertrofia).

Inoltre, con l’ausilio del tecnico di guida, si riorganizzano gli automatismi di guida, in modo da poter identificare zone di pista dove poter “rilassarsi”, per stendere le dita e ridurre lo stato di tensione (servendosi anche di idonee tecniche di respirazione). In associazione a quanto detto possono risultare utili terapie fisiche come:

  1. tecar terapia
  2. ultrasuoni,
  3. pressoterapia 
  4. mesoterapia in base all’entità del problema.

Se il dolore dovesse persistere o addirittura peggiorare, l’unica strada percorribile è il trattamento chirurgico. La fasciotomia è il trattamento maggiormente usato per la SCCS. Utilizzando un’elettromiografia da sforzo come esame preliminare, si rileva una possibile compressione nervosa associata a sindrome compartimentale. Una conduzione nervosa inferiore a 50 m/s è considerata lenta. Successivamente si prosegue con decompressione chirurgica e fasciotomia.

Tali trattamenti hanno riscontrato grande successo; il 94% dei piloti è soddisfatto e riacquisisce piena funzionalità del distretto anatomico da una a cinque settimane dopo l’intervento.

Ad oggi la chirurgia può operare attraverso diverse tecniche: fasciotomia mini-open, fasciotomia volare, fasciotomia endoscopica e fasciotomia parziale. Proviamo a descriverle brevemente. La fasciotomia di flessori ed estensori dell’avambraccio si esegue attraverso piccole incisioni a livello cutaneo e sottocutaneo. I muscoli maggiormente interessati dalla terapia saranno: flessore radiale del carpo, palmare lungo, brachio-radiale, flessore ulnare del carpo, estensore radiale lungo e breve del carpo. La fasciotomia volare viene eseguita con incisione della fascia antibrachiale e dell’aponeurosi superficiale del flessore delle dita che viene retratto lateralmente, l’arteria ulnare viene posizionata sul lato mediale mentre il nervo mediano sul lato laterale e viene incisa l’aponeurosi del flessore delle dita. La fasciotomia mini-open ha gli stessi tassi di successo di quella tradizionale, col vantaggio di anticipare i tempi di guarigione (essendo le incisioni cutanee superficiali), ma può determinare possibili complicanze maggiori quali: lesioni nervose ed erniazioni muscolari.

Recentemente, si sono utilizzate tecniche di fasciotomia endoscopica meno invasive normalmente utilizzate per la sindrome del tunnel carpale. La tecnica del rilascio endoscopico SmartRelease è sicura, riproducibile con eccellenti risultati clinici e cicatrici limitate. Questa procedura consente una più rapida cicatrizzazione della zona interessata dal trattamento e rapido ritorno all’attività agonistica.

Dopo due settimane dall’intervento i piloti ritornano all’attività riprendendo a guidare modelli di moto di potenza inferiore a quelle di solito utilizzate. Dopo quattro settimane riprendono le moto competitive, guidandole ad una velocità ridotta del 40%. Avvenuta piena cicatrizzazione (dopo circa 8 settimane), ritornano all’attività agonistica.

Per i pazienti che lamentano persistenza della sintomatologia dolorosa sarà necessaria una revisione chirurgica.

Conclusione

In questo elaborato si è così cercato di esaurire un complesso argomento ancora oggi oggetto di dibattito tra molti medici. Sicuramente per un pilota amatoriale o se vogliamo, per un pilota della domenica, tale articolo risulta forse leggermente “troppo”. Dico questo poiché quanto detto nei precedenti paragrafi trova la sua più alta compiutezza nei campionati professionistici.

Tuttavia è molto comune tra qualsiasi tipo di pilota soffrire di dolori agli avambracci di varia entità. Ovviamente non dobbiamo allarmarci al primo dolore ma cercare invece di capire perché ciò sta accadendo. Potrebbe essere utile in primo luogo migliorare la tecnica di guida, rendendola magari meno tassante per mani e avambracci e in secondo luogo impostare un percorso in palestra specifico.

Ovviamente non è facile e bisogna assolutamente affidarsi a trainer esperti del settore.

Se anche tu soffri o hai sofferto di dolore agli avambracci contattami e troveremo insieme la soluzione ai tuoi mali!

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